Il resto di niente |
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Nei quattro anni che intercorrono tra la pubblicazione di
Indecenze di Sorcier,
del 1978, ed il 1982, Enzo Striano elabora e conclude Il resto di niente . Dal 1983 il romanzo è inviato a diverse case editrici. Alcune restituiscono il manoscritto, senza averlo neppure esaminato, altre mostrano interesse unito a perplessità (per la mole e per la specificità dell'argomento) e differiscono una risposta definitiva.
Nel 1986 Striano decide di non attendere oltre e Il resto di niente esce per l'editore scolastico Loffredo, con cui ha già pubblicato alcune antologie innovative, di successo.
Il romanzo ottiene consensi critici e la favorevole risposta del pubblico, tanto che si susseguono in pochi giorni diverse ristampe e compare nelle classifiche dei maggiori quotidiani nazionali tra i libri più venduti. A Napoli viene acquisito dai tantissimi lettori entusiasti come un tassello mancante per la ricostruzione dell'identità storica della città. Non è casuale che il titolo Il resto di niente ricorra come citazione di una vicenda esemplare, come lapidario slogan , come metafora in molte lettere indirizzate al quotidiano della città «Il Mattino», tra gli ultimi anni Ottanta (Striano è già scomparso nel giugno del '87) e i primi anni Novanta, secondo i paradigmi di uno spontaneo fenomeno di sociologia della letteratura.
In un'intervista per «Uomini e Libri» [E. Striano, Il romanzo è l'unico genere letterario in divenire , in «Uomini e Libri», a. XXII 1986, n. 110, p. 51], Striano riesce ad intuire, in visionaria previsione, che specialmente ad una simile tipologia di platea è rivolto il suo romanzo, ovvero ad un pubblico proteso in uno sforzo di comprensione della città, consapevole di dover cercare, molto oltre il naturalismo e il «napoletanismo di maniera», «indietro nel tempo le radici dell'oggi».
Il resto di niente , saldato in queste serrate strutture interpretative, analizza lo snodo del 1799, momento storico in cui, a Napoli, capitale delle Due Sicilie, alcuni illuministi, sull'onda lunga delle notizie della Rivoluzione Francese, tentano di realizzare l'ambiziosa e fragile Repubblica Partenopea. Insieme a Cuoco, Lomonaco, Cirillo, Pagano, Serra, Caracciolo, Ciaia, De Deo, Fasulo e tanti altri, Eleonora de Fonseca Pimentel, nobile e portoghese di nascita, compie il suo destino, assumendo per sé il ruolo di «cittadina» e giornalista, fondatrice e direttrice del «Monitore Napoletano».
L'autore scandisce la vita di Eleonora, nel tracciato della grande Storia, tra le tappe della formazione: prima, bambina attenta e curiosa, che, affascinata, esplora Roma, la città italiana in cui, esule dal Portogallo, si stabilisce la sua famiglia; poi, adolescente a Napoli, certa che non se ne sarebbe più allontanata:
Vi alitavano savia comprensione, indifferenza gentile, meglio ancora supremo senso della vita, in equilibrio fra pietà e disincanto. Tutto (dal grande e nobile, al futile e meschino) acquistava preziosità inestimabile ma, al tempo stesso, non valeva nulla .
È questo il momento in cui Eleonora inizia a gettare le basi del suo percorso di letterata, a stabilire rapporti culturali, in una reciprocità di scambi con i maggiori ingegni del tempo, a intraprendere la sua carriera di poetessa.
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